sabato 2 maggio 2015

il Tocco della Dea

Cibele, il cui carro era trainato da leoni, era conosciuta anche quale Afrodite frigia del monte Ida, ed era venerata come Ape Regina

Anchise, dopo le nozze con  la “Dea della Vita e della Morte”, fu colpito da una folgore rituale. Anchise, secondo Robert Graves, era sinonimo di Adone e inoltre: “Anchise ci fa identificare Afrodite con Iside, moglie di Osiride”.

Afrodite, come Dea della Vita e della Morte, ebbe molti appellativi che paiono contrastare con la fama di Dea bella e compiacente e che sono consentanei con l’isola di Creta: Melenide (la Nera), Scotia ( l’Oscura).


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Gli Dèi non ti aggiungono né tolgono nulla.
Solamente d’un tocco leggero t’inchiodano dove sei giunto.
Quel che prima era voglia, era scelta, ti si scopre destino.







i Mostri, la Belva, Il Bosco Sacro

Dunque, lo sai, e mi puoi credere. Io dormivo una sera sul Latmo - era notte - mi ero attardato nel vagabondare, e seduto dormivo, contro un tronco. Mi risvegliai sotto la luna - nel sogno ebbi un brivido al pensiero ch'ero là, nella radura - e la vidi. La vidi che mi guardava, con quegli occhi un poco obliqui, occhi fermi, trasparenti, grandi dentro. Io non lo seppi allora, non lo sapevo l'indomani, ma ero già cosa sua, preso nel cerchio dei suoi occhi, dello spazio che occupava, della radura, del monte. Mi salutò con un sorriso chiuso; io le dissi: «Signora»; e aggrottava le ciglia, come ragazza un po' selvatica, come avesse capito che mi stupivo, e quasi dentro sbigottivo, a chiamarla Signora. 
Sempre rimase poi fra noi quello sgomento.
O straniero, lei mi disse il mio nome e mi venne vicino - la tunica non le dava al ginocchio - e stendendo la mano mi toccò sui capelli. Mi toccò quasi esitando, e le venne un sorriso, un sorriso incredibile, mortale. Io fui per cadere prosternato - pensai tutti i suoi nomi - ma lei mi trattenne come si trattiene un bimbo, la mano sotto il mento. Sono grande e robusto, mi vedi, lei era fiera e non aveva che quegli occhi - una magra ragazza selvatica - ma fui come un bimbo. «Tu non dovrai svegliarti mai», mi disse. «Non dovrai fare un gesto. Verrò ancora a trovarti». E se ne andò per la radura.


Cesare Pavese - Dialoghi con Leucò. La Belva