lunedì 9 maggio 2016

L'Immaginazione

Quando la leggenda presenta l'umanità come decaduta da uno stato originale di illuminazione spontanea, sembra alludere alle luci dell'istinto di cui beneficiano gli animali. La natura si prende cura degli esseri che le obbediscono passivamente, e fa compiere loro, senza errori, gli atti comandati dal loro programma di vita.
Finché rimane docilmente obbediente ai suoi impulsi, l'animalità gode di privilegi che invece perde la creatura ambiziosa di dirigersi secondo il proprio giudizio. Vi è una rivolta contro l'ordine naturale primordiale quando la ragione, ancora debole, assume la direzione dell'individuo. Allora, la ragione turba la lucidità dell'istinto, e da ciò deriva lo stato di relativa decadenza della creatura imperfettamente ragionevole.
Ci è imposto un apprendistato faticoso, poiché la ragione si sviluppa soltanto a detrimento dell'istinto, che si oscura prima che in noi trionfi il pieno splendore intellettuale. Perciò, tra il regno dell'istinto e quella della pura ragione si stabilisce un periodo angoscioso. La transizione sarebbe terribile, senza una facoltà che non è né l'istinto né la ragione, ma che sembra piuttosto intermedia. Appare quando l'intelligenza si desta: la sua luce diverte prima di istruire. Le immagini che ci mostra sono incoerenti, ma affascinanti, e fanno nascere in noi le idee. 
Questa facoltà è l'Immaginazione.
Dobbiamo guardarci bene dal disdegnarla: fu tenuta in grande onore nei millenni anteriori alla civiltà greca. Noi le dobbiamo le conoscenze fondamentali dell'umanità, la concezione originale delle nostre religioni e delle nostre scienze, poiché i bagliori che portarono un germe di chiarezza nel cervello umano furono raccolti dall'Intuizione degli umili primitivi.
Uscendo dall'istintività, l'uomo non pensa certamente a porsi problemi filosofici: messo di fronte allo spettacolo della natura, subisce impressioni cui si abbandona senza ragionare. Le cose esercitano così sulla sua immaginazione un potere di suggestione incontrastato.
Ne deriva una straordinaria facoltà d'immaginare che ci sbalordisce quando l'osserviamo nei bambini o nei "soggetti" ricondotti alla mentalità infantile. Questa mentalità fu quella dell'umanità primitiva e resta ancora quella dei popoli non civilizzati.
Essa è caratterizzata dell'incapacità di farsi idee nette e precise. Il primitivo non pensa a parlare con proprietà: sogna. Ribelle ad ogni sforzo intelletturale, è ricettivo-passivo nei confronti di ciò che gli viene in mente: l'accetta e lo considera come vero.
Ciò è molto pericoloso. Abbandonata a se stessa, l'immaginazione si compiace di stravaganze; non sarebbe quindi giudizioso accettarla come arbitra delle nostre decisioni.
Tuttavia molti popoli, la cui civiltà ci stupisce, hanno ascoltato l'immaginazione, poiché consultavano gli oracoli e riverivano i collegi di indovini incaricati di interpretarli. All'origine dei primi gruppi sociali noi troviamo non già dei filosofi, ma degli umilissimi sacerdoti-stregoni, antenati di quelli attuali delle tribù selvagge. Poiché la fede istintiva era assoluta, l'autorità dei soggetti lucidi s'imponeva: diventarono del tutto naturalmente re-pontefici, come i primi sovrani storici dell'Egitto e della Mesopotamia. Essi esercitavano il loro potere in nome della divinità che manifestava la sua volontà attraverso la mediazione degli indovini. A giudicare dalla sua durata, questo regime non diede luogo ad abusi più di quello che gli succedette. I Celti non ebbero mai a lamentarsi dei loro druidi, e più di una monarchia laica fece rimpiangere il precedente governo teocratico.
E' verosimile che tutto andasse bene finché gli indovini furono sinceri e i popoli credenti. Quando gli uni e gli altri ebbero dei dubbi, tutto si guastò. La ragione si svegliò, sotto l'aspetto di astuzia: gli indovini si fecero complici dei potenti, a detrimento dei creduli. L'arte divinatoria andò perduta e cadde in un inevitabile discredito: come pratica ufficiale è morta. Tuttavia, Richelieu ricorreva ai lumi di un astrologo, e la divinazione privata non è mai stata tanto fiorente come ai nostri giorni.
Che sia un segno di decrepitezza dello spirito moderno? Stiamo ricadendo nell'infanzia, dopo aver giurato, nel XVIII secolo, di sacrificare tutti al culto della Ragione? Non è affatto così: noi progrediamo intellettualmente, poiché scopriamo che la Ragione ha come sorella l'Immaginazione.
Noi intendiamo continuare a ragionare, ma senza vietarci di coltivare le nostre facoltà immaginative.
Istruiti alla scuola dell'immaginazione, gli Antichi hanno indovinato cose che a noi sfuggono. Poiché non dovremmo cercare di ritrovare la loro Parola Perduta?
Se questa è la nostra ambizione, impariamo a divinare.
Come?
Istruendoci nelle regole dell'arte divinatoria, per metterle in pratica sperimentalmente.

La Luce Iniziatica nasce dallo sposalizio dell' Immaginazione con la Ragione.

Oswald Wirth - I Tarocchi