giovedì 22 gennaio 2015

il Tempio nell'Uomo

La Conoscenza delle funzioni del corpo umano che gli egittologi accordano agli Antichi, non ha nulla in comune con quello che rivela il Tempio di Luxor. Basandosi sui soli dati della filologia attuale, la lettura dell'Insegnamento dell'Antico Egitto non è che un balbettio perché, come mostrano queste pagine, il pensiero degli Antichi è espresso da tutto un complesso di elementi che si trova fondato sul Mito, il cui senso non è mai stato compreso.

Si è detto che i Maestri d'Opera delle Cattedrali si esprimevano con la Pietra, ed è vero.
Ma chi ha pensato di dedicare tutta la propria attenzione anche alle misure, per trovarvi il Senso dei Numeri, oltre che alle raffigurazioni sulla base del Mito Faraonico? Chi, in questo spirito, ha cercato la Vera Lettura dei Segni Geroglifici?

Non si deve concludere, da un testo di apparenza primaria, che gli Antichi abbiano voluto dire ciò che comprendiamo: si deve cercare perché si esprimevano così.
Gli Antichi non hanno mai "volgarizzato niente"; non hanno dato al profano se non lo stretto insegnamento utile. la spiegazione, la filosofia, il Legame Segreto del Mito con le Scienze erano appannaggio di un piccolo numero di uomini istruiti. 

Pitagora non ha atteso vent'anni prima di essere ammesso al Tempio? Non ha imposto, nel proprio Insegnamento, il Silenzio, sotto pena di morte? Questo Insegnamento quindi non era scritto.

Erodoto menziona spesso l'obbligo che aveva di tacere sui soggetti "sacri". Queste istruzioni quindi non erano state redatte. L'insegnamento druidico, d'altra parte, era privilegio di una Classe Sacerdotale, Custode delle Tradizioni Orali più segrete di una Razza.

Gli Antichi Greci non andavano ad istruirsi nei Santuari del Basso Egitto, il più vicino possibile alla Fonte? (...) Ippocrate ha attinto ampiamente dai documenti Faraonici, e questo verso il 450 a. C. ora, Ippocrate parlava di nervi, circuito sanguigno e ghiandole.

Si pretenderà che la Grecia ha saputo comprendere e rendere razionalmente chiaro, ciò che gli Antichi avevano "oscuramente presentito" o conosciuto empiricamente.
E' certo che i documenti greci giunti sino a noi sono rari, mentre i documenti e i testi egizi danno le prove inviolate dei loro concetti e dei loro modi di espressione. Ciò che ci è stato trasmesso per via indiretta, è questa 'mentalità analitica' così opposta ai procedimenti degli Antichi Egizi, e che fu certamente esclusa dai Misteri greci; mentalità razionale, "meccanica", colpevole di averci condotti al disastro che persino i più ciechi preavvertono oggi.

In conclusione, l'Insegnamento Faraonico ci mostra l'Uomo composto di Tre esseri: il Sessuale, il Corporale e lo Spirituale, ognuno ha il proprio corpo e i propri organi, questi Tre esseri sono interdipendenti, per mezzo del flusso dei succhi e dell'influsso nervoso; il midollo è la Colonna di Fuoco che lega il tutto.

il Tempio nell'Uomo - R. A. Schwaller de Lubicz





Hatshepsut

Il caso della "Donna faraone" nasconde il più sconvolgente Mistero dell'antichità. É una favolosa storia d'Amore da cui tutto ha avuto origine.
Hatshepsut si innamorò di Senenmut quando, ancora ragazza, lui la salvò dalle acque del Nilo. Non appena Lei divenne Faraone, lo portò con sé come architetto di corte e lo fece nominare Gran Sacerdote. La loro relazione clandestina fu osteggiata dai dignitari, che già non vedevano di buon occhio una donna al potere.
Senenmut progettò per Lei una tomba grandiosa vicino a Luxor, e per sé una tomba segreta collegata a quella dell'amata con un tunnel sotterraneo che li avrebbe uniti per sempre. Per vendicarsi dell'odio subito dalla casta sacerdotale, decise di svelare il Segreto da loro custodito con cura: disegnò sul soffitto di quella tomba la chiave del Grande Mistero delle origini della Civiltà Egizia, e lo coprì con dell'intonaco, come un messaggio in bottiglia per i posteri.

La Donna Faraone - Roberto Giacobbo
Barca Bùsiride, figlio di Cartagine, assetato di transculturalismo e alla ricerca delle origini della sua civiltà, s'imbarca per una crociera sul Nilo, nella terra di Hatshepsut, la Donna Faraone d'Egitto, che ha sventato le congiure degli uomini e li ha governati. E non perdonano a Lei - donna sensuale e non sottomessa - di aver abolito le frontiere dei sessi e di navigare nella virilità dell'uomo.
Barca adora Hatshepsut "perché ha creato i valori della civiltà occidentale, ben prima dei Greci e dei Romani che si considerano i primi inventori dell'umanesimo" e apprezza la sua diplomazia, il suo senso di giustizia e di libertà. Che ne è di quella fiorente civiltà dell'Egitto - Om ed-dimyà, la Madre dell'Universo - dei suoi successi scientifici, della saggezza della sua fede? Ora è una terra ricca di contraddizioni e scossa dalla violenza e dal fanatismo religioso.

la Donna Faraone - Hédi Bouraoui

Figlia di Thutmosi I, alla morte del padre la principessa Hatshepsut rappresentava l'unica garanzia per la monarchia. Sposata al fratellastro Thutmosi II e successivamente tutrice del giovane fratellastro-nipote Thutmosi III, Hatshepsut riuscì a sfidare la tradizione e a installarsi saldamente sul trono divino dei faraoni. A partire da quel momento divenne la personificazione femminile del più alto ruolo maschile, rappresentata, unica nella storia, sia come donna sia come uomo, dotata addirittura della barba finta tradizionalmente esibita dai Faraoni.
  
la Regina misteriosa. la storia di Hatshepsut, l'unica Donna che regnò come Faraone - Christiane Desroches Noblecourt


martedì 20 gennaio 2015

le Testimoni della Tradizione

In questa lettera il Kircher, dopo aver elogiato la Regina per le sue doti e la sua saggezza, scrive che " con il favore di tanta Maestà" porterà presto a termine il suo libro: "poiché vedo dedicarti con mente ben disposta allo studio dell'Antica Scienza dei Simboli Egizi, propria dei soli Re e senza la cui perfetta conoscenza a nessuno veniva concesso un tempo di adire al Trono Reale, sarà mio dovere il portare a compimento, con la guida del Divino Nume e il favore di contanta Maestà, quanto pensai si potesse fare in questo genere di studi arcani".

Qui il dotto gesuita si riferisce certamente alla sua opera 'Oedipus Aegyptiacus'. Da questa lettera si potrebbe arguire un certo interesse della Regina per la Tradizione Egizia.

(...)

Probabilmente Cristina fu anche attratta dalla personalità di Cleopatra che, come scrive Borsellino, poteva rappresentare "ai suoi occhi una figura femminile degna di essere presa a modello", per il suo spirito d'indipendenza e per la sua libertà d'azione.
Ambedue Regine e abili nel governo del proprio paese, ambedue dotate di grande coraggio e intelligenza. Cleopatra dopo aver combattuto fino alla morte per difendere il suo Regno, si darà la morte per non cadere in mano del nemico; Cristina, dopo la sua vittoria sulla Danimarca e la pace di Westfalia, abbandonerà un Regno che l'amava per la sua vocazione alla libertà e per seguire i suoi interessi culturali e religiosi.
Ambedue Eroine della storia, l'una ha avuto in mano il destino di due Potenti Tradizioni, di due potenti popoli, Roma e l'Egitto, in uno dei momenti più critici e delicati della storia del Mediterraneo; per poco non si rischiò, come scrive Buchan, "una supremazia dell'Oriente e un trasferimento del potere dalle rive del Tevere alle rive del Nilo"; l'altra, al massimo del suo potere, conosciuta da tutta Europa per la sua cultura e per le sue vittorie militari, abbandona tutto per realizzare con libertà d'azione le sue scelte. Mentre Cleopatra fu affascinata dalla grandezza di Roma, ma rimase sempre legata alla sua terra, Cristina scelse Roma come sua seconda patria.

(...)

Infine, come a Cleopatra si attribuisce un testo alchemico famoso, 'la Crisopea di Cleopatra' (III sec. d. C.), in cui per la prima volta si parla (secondo gli storici di Alchimia) dell'Uroboros e del tema dell'Unione Nuziale, Cristina ha lasciato nel suo archivio a Stoccolma scritti autografi e ricette di famosi alchimisti.
Donne dotate di fascino e abituate al comando, la cui sensibilità femminile s'inchina, si esprime nel grande Amore di Cleopatra per Marcantonio e di Cristina per Azzolino, ma la cui fine fu molto diversa.

Cleopatra, quando vide crollare il suo sogno di un Impero Egizio-Romano, si dà la morte; Cristina, abbandonando un regno terreno per un Regno più grande, è ancora viva e ammirata ancora oggi.

Cristina di Svezia e il suo Cenacolo Alchemico - Anna Maria Partini






la Regina di Roma e d'Amor

Cristina aveva anche per modello gli umanisti del Rinascimento, come Nicolò e Pico della Mirandola. Il suo problema era quello di conoscere il ruolo dell'uomo nei confronti della Divinità e quali fossero i limiti della conoscenza umana. era spinta, nel suo continuo indagare, dal voler conciliare la filosofia e la scienza con la religione, l'intelletto e la fede, gli slanci mistici del Cuore con la razionalità della mente; di capire, cioè, attraverso l'intelletto, le ragioni della Fede (Fides quaerens intellectum). Il suo atteggiamento non era quello di una passiva accettazione, ma di una conquista interiore attraverso il 'dubitare'. interessante è quanto scrive in proposito; "non si deve credere nulla se non dopo aver osato dubitare... credere a tutto è debolezza, credere a nulla è follia".

(...)

"Io non credevo nella religione in cui fui nutrita. tutto quello che mi insegnavano mi sembrava poco degno di Voi... odiavo mortalmente i lunghi e frequenti discorsi dei luterani, ma capivo che dovevo lasciarli dire e aver pazienza e che non dovevo manifestare quello che ne pensavo. divenuta più grande, mi formai una specie di religione a modo mio, attendendo quella che Voi mi avete ispirato, per la quale avevo già naturalmente una così grande inclinazione. Voi sapete quante volte, con un linguaggio sconosciuto alla maggior parte degli uomini, Vi ho chiesto la grazia di essere illuminata da Voi... e che io feci voto di obbedirVi al prezzo della mia sorte e della mia vita".

E' quel Fuoco d'Amore che la spinse fin da giovanissima a fondare l'Ordine dell'Amaranto, le cui 'fiamme immortali' sono quelle del Cuore della Regina e il cui emblema erano le due A intrecciate, simbolo di un Amore che va oltre la morte.

Cristina di Svezia e il suo Cenacolo Alchemico - Anna Maria Partini







sabato 17 gennaio 2015

l'Ape Regina

L’Ape è stata Simbolo di Regalità sin dai tempi degli Egizi e come tale veniva utilizzata associata ai Faraoni, soprattutto collegata alla sovranità sul Basso Egitto. Sempre per gli Egizi essa rappresentava la Divinità in quanto nata dalle lacrime di Ra.  Nel corso della storia ha anche rappresentato lo stesso Gesù, o per meglio dire il Cristo, in quanto Emblema della Risurrezione a causa della sua sparizione durante i mesi invernali ed il ritorno in primavera. Furono poi proprio i Merovingi a reintrodurre il Simbolo dell’Ape in quanto Sigillo Regale prima ancora del fiore di loto.  (...) Va inoltre considerato il valore Alchemico dell’Ape determinato dalla sua capacità di trasformare la materia, il nettare in miele, che può essere associato al processo di Iniziazione della Massoneria tramite il quale il novizio, la pietra grezza, viene lavorato sino a diventare una pietra perfetta.

tratto da: http://www.simonebarcelli.org/2010/04/la-cappella-di-rosslyn-rivela-un-nuovo-segreto-legato-alla-simbologia-dell-ape/

L'Ape, come Simbolo Regale di Sopravvivenza e di Resurrezione, è stata ricordata in leggende, in odi e nei testi sacri da tutti i popoli dell'antichità, perché le si accordavano dei doni divini, dei poteri sorprendenti e misteriosi. L’Ape è simbolo di fertilità, di nutrimento, di laboriosità ed efficienza, ma rappresenta anche la difesa intrepida della proprietà, della casa e quindi della famiglia. Svelare il Segreto dell'Alveare è come cercare di svelare il Mistero Femminile, penetrarne il significato, riuscire a sublimare principalmente nella sua "Regina", nell' immagine della penetrazione e fecondazione, l' importanza stessa della vita. I Celti le consideravano Messaggere degli Dei, portatrici della Conoscenza dell’Altromondo, ciò faceva del Miele un alimento sacro e pregiato, ingrediente fondamentale delle bevande rituali come l’idromele, e si riteneva fosse uno dei componenti della pozione che bolliva nel Calderone della Dea Madre, l’Awen.
Secondo la leggenda, "Api" erano chiamate le Sacerdotesse di Demetra (Dea delle messi) che nei Riti Eleusini esprimevano con un brusio di richiamo la loro raffinata istintualità. Le Api, o Melisse, sono Sacre anche alla Dea Brighid, che si dice avesse un meleto nel Mondo ultraterreno ove volavano le api per ottenere un nettare magico. La capacità dell’ape di trasformare il polline in miele si può accomunare al lento Lavoro Iniziatico. Al frutto del suo lavoro è attribuito un grande valore esoterico, per via del miele che serve alla preparazione dell’Ambrosia, bevanda Sacra presso i Celti, i Germani e i Greci, o della cera, per la composizione dei ceri, oggetti rituali e sacri. E' Emblema dell’Eterna Rinascita e del rinnovarsi della natura a causa della sua sparizione nei mesi invernali e del ritorno in primavera. Nell’antico Egitto l’Ape, paragonata all’Anima, riportava in vita il defunto qualora entrasse dalla sua bocca. Per gli Egizi la sua appartenenza divina era dovuta alla sua nascita dalle lacrime di Ra. La statua dell’Artemide (Diana) di Efeso mostra la Dea circondata da diversi animali tra cui le Api, per esprimere la ricchezza della natura, infatti anche le Sacerdotesse caste di Artemide venivano chiamate Melisse, o Api. Anche le Amazzoni spesso si definivano tali. Il ronzio incessante delle Api è spesso associato all'innalzamento dell'Energia che conduce all'estasi del Nirvana e una persona che giace in una fossa piena d'Api spesso rappresentava l'Illuminazione. Le Api sono Sacre anche a Buddha, spesso rappresentato ricoperto da questi insetti. 


tratto da:  http://spaziosacroaltaredibrigida.blogspot.it/2013/03/lape.html


Il fatto che anche il nome della Profetessa ebraica Deborah in ebraico significasse "Ape" suggerisce che l'associazione tra questo titolo e le Sacerdotesse oracolari era molto antica nell'area del Mediterraneo. 

Marguerite Rigoglioso










venerdì 16 gennaio 2015

il Simbolismo di Janus-Jana

E' stato pubblicato, qualche anno fa, da Charbonneau-Lassay su "Regnabit", un curioso documento che raffigura esplicitamente Cristo sotto le sembianze di Giano (...).

E' un cartiglio dipinto su una pagina staccata da un libro manoscritto di chiesa del secolo XV trovata a Luchon che conclude il foglietto del mese di gennaio sul calendario liminare di questo libro.

In cima al medaglione interno figura il Monogramma IHS sormontato da un Cuore; il rimanente del medaglione è occupato da un busto di Janus Bifrons, con un viso Maschile e uno Femminile, come si vede assai frequentemente; esso porta una Corona sulla testa, e tiene con una mano uno Scettro e con l'altra una Chiave.

"Sui monumenti Romani", scriveva Charbonneau-Lassay riproducendo questo documento, "Giano si mostra, come sul cartiglio di Luchon, con la Corona in testa e lo Scettro nella Mano Destra, perché è Re; tiene con l'altra mano una Chiave che apre e chiude le epoche; per questo, per estensione di concetto, i Romani gli consacravano le porte delle case e delle città... anche Cristo, come l'antico Giano, porta lo Scettro Regale con cui ha diritto in nome del Padre Celeste e dei suoi Antenati di quaggiù; e con l'altra Mano tiene la Chiave dei Segreti Eterni, la Chiave tinta del suo sangue che apre all'umanità perduta la Porta della Vita. (...)

L'interpretazione più comune dei Due Volti di Giano vede in essi la rappresentazione rispettivamente del passato e del futuro; questa interpretazione, pur essendo molto incompleta, da un certo punto di vista è comunque esatta. Per questo, in un numero abbastanza grande di rappresentazioni, i due volti sono quelli di un uomo anziano e di un uomo giovane; non è però il caso dell'Emblema di Luchon, un esame attento del quale non permette di dubitare che si tratti del Giano Androgino, o Janus-Jana, ed è quasi superfluo far notare lo stretto rapporto di questa forma di Giano con certi Simboli Ermetici come il Rebis.

Considerando il Simbolismo di Giano come riferito al tempo, è il caso di fare un'osservazione molto importante: fra il Passato che non è più e il Futuro che non è ancora, il Vero Volto di Giano, quello che guarda il Presente, non è, si dice, né l'uno né l'altro di quelli visibili. Questo Terzo Volto, infatti, è invisibile perché il Presente, nella manifestazione temporale, non è che un istante inafferrabile; ma, quando ci si innalza al di sopra delle condizioni di questa manifestazione transitoria e contingente, il Presente contiene al contrario Ogni Realtà. Il Terzo Volto di Giano corrisponde, in un altro simbolismo, quello della Tradizione Indù, all'Occhio frontale di Shiva, anch'esso invisibile, poiché non è rappresentato da nessun organo corporeo, e che raffigura il "Senso dell'Eternità". E' detto che uno sguardo di questo Terzo Occhio riduce tutto in cenere, cioè distrugge ogni manifestazione; ma quando la successione è tramutata in simultaneità, tutte le cose rimangono nell'Eterno Presente, di modo che l'apparente distruzione non è in verità che una 'trasformazione', nel senso più rigorosamente etimologico della parola..

Da queste poche considerazioni è già facile capire che Giano rappresenta veramente Colui che è, non soltanto il 'Signore del Triplice Tempo' (designazione applicata nella dottrina indù pure a Shiva), ma anche e soprattutto il 'Signore dell'Eternità'.

Simboli della Scienza Sacra - René Guénon 






Io Sono il Segreto del mio Nome

Io sono il silenzio che è incomprensibile,
e l'idea il cui ricordo è costante.
Io sono la voce il cui suono è multiforme
e la parola la cui apparizione è molteplice.
Io sono la pronuncia del mio nome.

Perché, voi che mi odiate, mi amate,
ed odiate quelli che mi amano?
Voi che mi rinnegate, mi riconoscete,
e voi che mi riconoscete, mi rifiutate.
Voi che dite la verità su di me, mentite su di me,
e voi che avete mentito su di me, dite la verità.

Voi che mi conoscete, ignoratemi,
e quelli che non mi hanno conosciuta,
lasciate che mi conoscano.


Perché Io sono il sapere e l’ignoranza.
Io sono la vergogna e l’impudenza.
Io sono la svergognata; Io sono colei che si vergogna.
Io sono la forza e la paura.
Io sono la guerra e la pace.
Prestatemi attenzione.
Io sono la disonorata e la grande.
Prestate attenzione alla mia povertà e alla mia ricchezza. 


il Tuono, Mente Perfetta