mercoledì 4 marzo 2015

la Belva

"Immagino...
Una donna lupo che corre selvaggia nel bosco. Le belve della foresta sono sue figlie, la sua energia vitale e distruttiva che sempre l'accompagna.
Ha i capelli ribelli e scuri, la pelle chiara della luna.
Nella foresta. E' sempre notte.
E lei, ha sempre fame. Figlia della terra intrisa di sangue, lei il sangue lo vuole, lei il sangue lo beve, se lo fa scorrere tra le dita delicate, e lo passa sul viso, simboli per la lotta che s'appresta.
Lo lecca dalle mani sottili, lo ricerca alla fonte, si rimmerge, poi ricomincia.
Si strappa la tunica corta, di canapa grezza.
E' pronta.
Col corpo agile, sembra magra ragazza come tante. Le gambe da zebrina incurante per quei seni acerbi che sovrastano fianchi tondi, che ospitano buio, e calore, e sangue.
Adesso ha fame.
Chi sazierà la sua fame? Lei ha sempre fame, nessuno la può
placare.
E allora lei sorride e basta, da lontano, cogli occhi che tutto sanno già da prima.
Ma stasera la fame è troppa, bisognerà placarla, e la lotta sarà dura, lei già lo sa questo.
Sarà cruenta. Truculenta. Ma poi. Per quella notte.
La belva il suo pasto l'avrà consumato.

Ecco che arriva l'avversario.
La sovrasta in altezza, lei scompare in possenza.
Vivida luce in quel buio perenne, la belva ha deciso.
Quella sarà la sua cena.
I guerrieri si avvicinano, occhi negli occhi.
Solo occhi negli occhi, per ora.
Prima il rituale. Poi la carneficina. Pasto di sangue.
L'uomo di luce continua a fissarla, e tace.
E' lei che sferrerà la prima mossa, quest'è palese.
Lui tenterà ogni strenua difesa. Poi cederà. Ma adesso.
Vien da lottare.
La lupa s'appresta innanzi, gli artiglia il torace possente. La pelle si lacera. Il sangue la colora.
Lei lo sugge alla ferita, lui la lascia fare.
Ma lei sferza, e ride, e lo tormenta con la lingua, ché è brava a tormentare.
Ma lui non tollera l'affronto, l'hai voluto, prendilo ora.
L'afferra per la nuca, scure chiome tra le mani.
Spinge contro le ferite la bocca di lei mai sazia del sapore. E duole, e brucia, eppure è stabilito:
prenderà il suo tormento, infliggendolo com'ha deciso.
Eppoi il sangue finisce di stillare. E lei ne vuole ancora. Che mai ne ha abbastanza,
di mordere e succhiare.
Nell'impeto di rabbia, la lupa lo respinge, lui cade tra i rovi delle more.
Si graffia e sparge sangue, e non pare un caso, la caduta.
E adesso è a terra, che più non può fare che sperare nella grazia. 
Ma lei no.
Ha fame, stasera, troppa per essere pietosa.
Perchè sei entrato nella foresta, mio bel viandante di luce vestito, non sapevi forse che morte era in agguato?
Si abbassa repentina, di un lupo le movenze.
La veste ormai lontana, di luna ormai si ammanta.
Il viandante non ha scampo, la sua carne è minacciata, può solo ritardare la sua fine, che quegli
occhi 
ne valgono l'attesa.
Lei ha sangue sulla bocca, ne ha cosparso lui il petto, fin più sotto gli è colato.
Lei lo vuole. Stasera. Vuole. Leccare. Succhiare. Carne e poi altra carne, e vedere gli occhi luminosi 
che si accendono ancor più, poi si placano al dolore.
Mordere. Mordere. Sbranare. Ma.
E' ancora tempo di rallentare.
Il viandante è ferito, col corpo agonizzante, e la odia la creatura che l'ha fatto tanto inerme.
Lei sarà punita per l'affronto, ed ecco che la cinge all'improvviso, e se la spinge contro, spalle al petto.
Lei subisce e non protesta, che ben conosce la danza della morte.
Lui la tiene, e lei trattiene. Ancor per poco. La sua fame.
Ma lui rivuole sangue ormai sottratto, che adesso è. In lei. 
E allora è perso.
Prenderà il suo.

E allor la tiene, e con la mano la scava senza sosta nell'antro sanguinante e buio e caldo, e
infligge dolore e punizione alla bocca che gli recò l'affronto.
I suoi occhi non li vuol vedere mentre punisce, che lei innamora.
Ma non appena l'impeto si spegne, la lupa agile sfugge alla sua stretta e la bocca, stavolta di sua
sponte, offre arrendevole alla sua vendetta. Lui è preso da
impeto bruciante, vuole dolcezza, ora, e
sangue insieme, e allora bacia adesso, e adesso morde.
E la lupa pregusta il suo piacere.

Ma poi che entrambi sfiniti per la lotta, si guardano negli occhi più vivi ancor di prima, la lupa
prova a esigere il suo pasto, ma lui la blocca. Che se è deciso che lui debba perire, almeno
vuole farlo con onore. E la lupa, vinta ormai dal pianto, aspetta che lui
l'offra il pasto quando sia più pronto.
E poi che il tempo, infine, fu raggiunto, e l'uno e l'altra
si avvincono sprezzanti. E lui è già carne
in bocca alla sua belva. E lei divora e lui si tira indietro, che insieme vuole eppure
ne ha terrore.
Ma poi che entrambi si arrendono a quel fato, raccolgono delirio del pasto consumato.

La lotta è dura, alla lunga stanca.
Il buio è dolce, e ha pietà di loro, di figlia tanto cara, e di
viandante incauto in quella selva oscura.
Bacia le palpebre e li lascia addormentare".


debdeashakti