mercoledì 18 maggio 2016

Colei che regna sui Tre Mondi

Torre Eburnea, 
merlata di gloria,
ti ergi diritta a mostrare il Cammino.

Sorella di un albero, hai radici nella terra dei morti, dagli Inferi plumbei trai la materia grezza per la tua gestazione;
Sorella di un albero, hai tronco possente,  le intemperie del mondo ti hanno a lungo temprato, sfuggi alla folgore e alla tempesta piegandoti a baciare la terra, poi ti ergi di nuovo, dritta e lieta a ricevere il bacio del sole;
Sorella di un albero, hai rami nel cielo, capelli di un angelo, capaci di catturare le stelle e di portare quaggiù il loro canto lontano.

Dea dei tre mondi, Regina tra le Dee,
ogni regno ti viene donato affinché Tu lo governi in saggezza, ovunque Tu appari nella giusta forma.

Tenera fanciulla dalle gote di mela, un giorno fosti rapita laggiù dove la luce non ha accesso.
Ti sei disperata, lo so, come potevi fare altrimenti? A quel tempo non sapevi che la luce è bandita per nove mesi, e nessuna gestazione è possibile se prima, come il seme, non accetti di morire.

Fiera sovrana di oro vestita, oggi nutri il tuo popolo in abbondanza, la terra è il tuo dominio,  dirigi i lavori delle piccole operaie e intanto il mondo torna a vivere e prosperare, inondato di miele e della tua grazia, conservi il ricordo della spietatezza che ti fu inferta in un pungiglione ben nascosto, ché l'ape accorta quasi mai vi ricorre.

Lassù nei cieli e nelle stelle, ve n'è una, un tempo chiamata Lucifera, e che noi chiamiamo Venere. Anch'essa è il tuo regno, da cui ti esiliasti in un tempo lontano. Che onore c'è infatti a regnare nell'abbondanza, quando esistono pianeti che ancora conoscono il dolore e la mancanza? Promettesti di restare, finché ognuno dei fratelli della terra non avesse ricordato la divinità che lo abita, e da allora mantieni fede alla tua promessa.

O tu, Devi dei tre mondi, spandi Amore sulla Terra, che Tu sempre sia glorificata.

Debdeashakti







La Regina degli Inferi



Regina degli Inferi,
strappata dai seni di tua Madre,
credevi che la luce del Sole ti sarebbe stata in eterno preclusa.

Tu, tenera fanciulla con gote di melagrana, immemore del Potere antico della Dea Inanna, non volevi scendere negli Inferi plumbei e brutali, rifiutavi di incontrare la Bestia oscura che regna laggiù, ultimo confronto dell'eroe immortale. 

Vagavi tra le messi dorate, senza pensieri, non volevi sapere di quale oscurità necessita il seme per poter fruttare il grano, raccoglievi fiori e li intrecciavi in ghirlande arcobaleno, poi li donavi a tua madre e a tutti i mortali. Mirabile arte, quella delle tue mani, ma nulla in confronto alla Sapienza innata delle operose api, custodi di quel segreto antico per cui la torba diventa oro. Le tue ghirlande sfiorivano presto sul tuo bel capo innocente e inconsapevole.

Lontani i tempi in cui le fanciulle predestinate, come te, scendevano volontariamente nel ventre buio della Madre, pronte a fronteggiare il Demone di questo mondo. So che temevi di incontrare la tua gemella oscura, già Ishtar lo fece, e fu spogliata, e fu umiliata, e fu smembrata, e poi fu lasciata a marcire. Come importi tale volontà crudele, mia piccola fanciulla con gote di mela, se tu, da sola, non ne volevi sapere?

Poi arrivò lui, e ti rapì. Ti rubò la spensieratezza e l'innocenza, ti mostrò il proprio e il tuo Demone, e ti sembrarono orribili. Lo strazio delle tue lacrime di orrore raggiunse la terra ormai arida, poiché tua Madre più non potè creare, per l'angoscia di averti perduta. Gli Dèi in coro piansero per te, e per il tuo crudele apprendistato. Gli Abissi sono troppo terrificanti anche per coloro che abitano le vette incontaminate, solo tu, predestinata fanciulla tra gli Immortali, potevi avervi accesso.
Il tuo Ade era bello nella sua fierezza spietata, nulla ti ha risparmiato del dolore che ti era stato assegnato. Nessuno conosce la bellezza di diamante di un amore di ghiaccio, che preferisce vederti morta che debole e inconsapevole a intrecciare ghirlande destinate a sfiorire. Tu, la Torre, tu Colei che oggi regna sui tre Mondi, dovevi restare e imparare, ingoiando le lacrime a ogni passo, a ogni frustata che il tuo tenero corpo potè sopportare. Ricordi che invidiavi Arianna, sposa di un Dio di gioia e di ebbrezza, tu condannata alle tenebre di un amore che sa solo uccidere e mai godere? Avresti cambiato volentieri Ade con Dioniso, se solo ti fosse stato concesso. Ma tu eri predestinata, e ti toccò quello che le Moire stabilirono per te.

Quel giorno in cui, una tortura dopo l'altra, ti spogliasti del dolore del corpo, delle emozioni e della mente, tu sapesti di essere morta e poi rinata, Immortale e consapevole come nessun'altra donna e nessun'altra Dea mai potè essere. Fu allora, quando ormai saresti potuta restare a regnare sui morti, che decidesti di tornare alla luce del sole. Hai abbracciato il tuo sposo e gli hai detto: "Io torno alla luce, alle messi dorate e ai fiori di mia Madre, voglio diventare la Regina delle Api e non più solo quella dei Morti. Quando avrai voglia di sole e di miele, mio amato carnefice, raggiungimi nei boschi, indossa la pelle calda di Dioniso, e insieme noi saremo Liberi.

Debdeashakti





lunedì 16 maggio 2016

Ishtar

La Dea elamita che porta sul capo la tiara regale corrisponde a Ishtar, la Grande Dea babilonese, dispensatrice d'energia vitale. E' Lei che fa bere ai mortali il liquido vivificante, attinto alla sorgente contenuta nella pietra della soglia sacra, superata soltanto dagli Annunaki, spiriti delle profondità e giudici dei morti chiamati a rivivere.
Nella destra, questa divinità tiene l'anello che raffigura il circuito ininterrotto della Vita. Nulla muore, poiché nulla si arresta, e tutto gravita eternamente.
Ishtar non è una madre che si intenerisce sui suoi figli ed evita loro ogni pena: è una educatrice che ha come ideale generazioni temprate energicamente, valorose e capaci di sopportare le miserie della vita. E' guerriera, poiché la lotta è la legge dell'esistenza oggettiva. Per vivere, acconsentiamo a soffrire. Ishtar non ha forse subito tutte le torture, quando è discesa volontariamente agli Inferi, per meritare di risalire glorificata tra i vivi? L'anima non deve forse dare prova di sopportazione, prima di essere ammessa ad incarnarsi? 
Ishtar ci ama nella misura in cui le rendiamo onore: ella ama gli eroi, ma disprezza gli ignavi.

Oswald Wirth - i Tarocchi

 

lunedì 9 maggio 2016

L'Immaginazione

Quando la leggenda presenta l'umanità come decaduta da uno stato originale di illuminazione spontanea, sembra alludere alle luci dell'istinto di cui beneficiano gli animali. La natura si prende cura degli esseri che le obbediscono passivamente, e fa compiere loro, senza errori, gli atti comandati dal loro programma di vita.
Finché rimane docilmente obbediente ai suoi impulsi, l'animalità gode di privilegi che invece perde la creatura ambiziosa di dirigersi secondo il proprio giudizio. Vi è una rivolta contro l'ordine naturale primordiale quando la ragione, ancora debole, assume la direzione dell'individuo. Allora, la ragione turba la lucidità dell'istinto, e da ciò deriva lo stato di relativa decadenza della creatura imperfettamente ragionevole.
Ci è imposto un apprendistato faticoso, poiché la ragione si sviluppa soltanto a detrimento dell'istinto, che si oscura prima che in noi trionfi il pieno splendore intellettuale. Perciò, tra il regno dell'istinto e quella della pura ragione si stabilisce un periodo angoscioso. La transizione sarebbe terribile, senza una facoltà che non è né l'istinto né la ragione, ma che sembra piuttosto intermedia. Appare quando l'intelligenza si desta: la sua luce diverte prima di istruire. Le immagini che ci mostra sono incoerenti, ma affascinanti, e fanno nascere in noi le idee. 
Questa facoltà è l'Immaginazione.
Dobbiamo guardarci bene dal disdegnarla: fu tenuta in grande onore nei millenni anteriori alla civiltà greca. Noi le dobbiamo le conoscenze fondamentali dell'umanità, la concezione originale delle nostre religioni e delle nostre scienze, poiché i bagliori che portarono un germe di chiarezza nel cervello umano furono raccolti dall'Intuizione degli umili primitivi.
Uscendo dall'istintività, l'uomo non pensa certamente a porsi problemi filosofici: messo di fronte allo spettacolo della natura, subisce impressioni cui si abbandona senza ragionare. Le cose esercitano così sulla sua immaginazione un potere di suggestione incontrastato.
Ne deriva una straordinaria facoltà d'immaginare che ci sbalordisce quando l'osserviamo nei bambini o nei "soggetti" ricondotti alla mentalità infantile. Questa mentalità fu quella dell'umanità primitiva e resta ancora quella dei popoli non civilizzati.
Essa è caratterizzata dell'incapacità di farsi idee nette e precise. Il primitivo non pensa a parlare con proprietà: sogna. Ribelle ad ogni sforzo intelletturale, è ricettivo-passivo nei confronti di ciò che gli viene in mente: l'accetta e lo considera come vero.
Ciò è molto pericoloso. Abbandonata a se stessa, l'immaginazione si compiace di stravaganze; non sarebbe quindi giudizioso accettarla come arbitra delle nostre decisioni.
Tuttavia molti popoli, la cui civiltà ci stupisce, hanno ascoltato l'immaginazione, poiché consultavano gli oracoli e riverivano i collegi di indovini incaricati di interpretarli. All'origine dei primi gruppi sociali noi troviamo non già dei filosofi, ma degli umilissimi sacerdoti-stregoni, antenati di quelli attuali delle tribù selvagge. Poiché la fede istintiva era assoluta, l'autorità dei soggetti lucidi s'imponeva: diventarono del tutto naturalmente re-pontefici, come i primi sovrani storici dell'Egitto e della Mesopotamia. Essi esercitavano il loro potere in nome della divinità che manifestava la sua volontà attraverso la mediazione degli indovini. A giudicare dalla sua durata, questo regime non diede luogo ad abusi più di quello che gli succedette. I Celti non ebbero mai a lamentarsi dei loro druidi, e più di una monarchia laica fece rimpiangere il precedente governo teocratico.
E' verosimile che tutto andasse bene finché gli indovini furono sinceri e i popoli credenti. Quando gli uni e gli altri ebbero dei dubbi, tutto si guastò. La ragione si svegliò, sotto l'aspetto di astuzia: gli indovini si fecero complici dei potenti, a detrimento dei creduli. L'arte divinatoria andò perduta e cadde in un inevitabile discredito: come pratica ufficiale è morta. Tuttavia, Richelieu ricorreva ai lumi di un astrologo, e la divinazione privata non è mai stata tanto fiorente come ai nostri giorni.
Che sia un segno di decrepitezza dello spirito moderno? Stiamo ricadendo nell'infanzia, dopo aver giurato, nel XVIII secolo, di sacrificare tutti al culto della Ragione? Non è affatto così: noi progrediamo intellettualmente, poiché scopriamo che la Ragione ha come sorella l'Immaginazione.
Noi intendiamo continuare a ragionare, ma senza vietarci di coltivare le nostre facoltà immaginative.
Istruiti alla scuola dell'immaginazione, gli Antichi hanno indovinato cose che a noi sfuggono. Poiché non dovremmo cercare di ritrovare la loro Parola Perduta?
Se questa è la nostra ambizione, impariamo a divinare.
Come?
Istruendoci nelle regole dell'arte divinatoria, per metterle in pratica sperimentalmente.

La Luce Iniziatica nasce dallo sposalizio dell' Immaginazione con la Ragione.

Oswald Wirth - I Tarocchi

mercoledì 4 maggio 2016

Gli Amanti (VI)

Due Vie divergenti conducono al Magistero: una è secca e l'altra umida. La prima è razionale e la seconda sentimentale, poiché l'Oro filosofico si può ottenere con la coltivazione dell'intelligenza e con l'acquisizione di una scienza approfondita, o con la sincerità di un amore fiducioso che si abbandona a ciò che detta il cuore. Secondo le disposizioni innate dell'Operatore, egli affronta l'Opera come filosofo ansioso di realizzare l'ideale da lui concepito, o come mistico che aspira a conformarsi alle intenzioni divine. La Pietra Filosofale è appannaggio tanto del vero Saggio quanto del vero Santo.

Oswald Wirth - I Tarocchi alla luce della Filosofia Alchemica

Gli Amanti rappresentano un tempo di scelta e di fretta impetuosa verso quello che il cuore desidera. Ciò che è stato diviso vuole tornare insieme. Potrebbe essere il sé diviso a volersi riunire; o una nuova relazione. Il nucleo della questione sta nell'Unione; il desiderio dei poli opposti di stare insieme.

Vicky Noble&Jonathan Tenney - La pratica di Madrepace attraverso i Tarocchi e l'Astrologia

 

sabato 30 aprile 2016

La Vergine Alata



Vergine Alata, 
nutrice di tua Madre e da Lei nutrita, 
trasmuti il piombo dolce della terra in dorato nettare solare.
 
Tu sposi la Madre col Padre, tu figlia-sorella operosa
governi e collabori sotto l’influsso della Lucifera stella
che diede il nome alla Dea dell’Amore.

Ricordi, o Ape, quando arrivasti sul pianeta acerbo
e tu sola sapevi effondere il Santo Spirito
con la Sapienza innata delle Melisse?

Tu, che progetti e costruisci senza sosta perfetti esagoni solari, finestre di luce dorata,
piccola regina tra gli architetti della Terra,
preservi il pianeta fecondo prefigurando la venuta dei figli della Dea,
custodi promessi da Creatori remoti.

O tu, Ape Regina, mente-madre dell’alveare,
sotto il tuo saggio governo la Dea prospera in ogni filo d’erba e nei frutti succosi,
nelle messi vestite di sole, nel sangue vivo della vigna.

Oggi tu muori, piccola custode che un dì regnava sovrana;
i figli della Dea, immemori di sé, si pensano figli dell’uomo,
e dove calpestano la Terra, Lei muore con te, sua ancella.

Verrà il tempo della tua rinascita,
il tempo del Sole e della Luna, il tempo dell’Oro,
quando latte e miele fluiranno ancora nelle vene della Terra, cibo prediletto dagli Dèi.

E laddove il Serpente un tempo allontanò dal giardino,
tu, piccola Sovrana, tenterai la Donna affinché Lei riconquisti il Regno.

Allora, con la tua benedizione, Dio Madre camminerà ancora sulla Terra.

Debdeashakti 

 

mercoledì 30 marzo 2016

La Signora dal Cuore Immenso

Oltre a indicare Vie per la Salvezza dell'individuo, ''Signora dal Cuore immenso'' rivela anche il compito essenziale della Gran Sacerdotessa e cioè quello di rappresentare Inanna al popolo come la natura paradossale su cui posano le credenze mesopotamiche. Enheduanna si fece carico dell'adorare, contenere, appagare ed emulare questo Paradosso chiamato Inanna, portando avanti fedelmente i rituali degli Dei.

Inanna, Signora dal Cuore Immenso - Betty De Shong Meador