Gli antichi
Babilonesi ( 1600 a. C. circa) veneravano il dio Mithra, che era
rappresentato come un leone che teneva nelle sue fauci un’Ape.
Ape
infatti, nella lingua locale, si pronunciava “Dabar” e “Dabar” era anche
il termine per indicare la “Parola” (divina). Questo termine verrà
utilizzato successivamente anche dagli antichi ebrei per invocare il
Messia. In ebraico, la parola che indica l'Ape, "Dbure", ha origine dal
termine "Dbr", ossia discorso, e perciò, tra i primi credenti ebrei, le Api simboleggiavano l'eloquenza e l'intelligenza. La Torah afferma: "Lo
spirito dell'uomo è la candela del Signore", la stessa Terra promessa
era descritta come il “Paese ove scorre latte e
miele".
Nel mondo cristiano le Api erano spesso un simbolo di Cristo,
con il loro miele e pungiglione a rappresentare la sua misericordia e
giustizia. L' Alveare divenne metafora cristiana della vita casta,
caritatevole e regolata dalle comunità monastiche. L'errata credenza
secondo cui le Api (che in realtà si accoppiano in imponenti sciami
volanti) si riproducono costantemente come i fiori che impollinano, le
rese emblemi della Vergine Maria.
L 'Alveare simboleggiava anche le
celle dei monasteri dove i monaci vivevano e lavoravano. Anche
abitazioni preistoriche comuni scoperte sull' isola di Creta sono di
struttura ad Alveare.
In Grecia, lo
stesso Zeus sarebbe stato nutrito dalle Api, o meglio nutrito di solo
miele da sua madre Melissa. Il nome di Melissa deriva dal greco meli,
“miele” e significa letteralmente “Colei che è datrice di miele”, “Colei
che offre il miele”. Melissa, in origine, era dunque considerata un’Ape
mellifera, ed al contempo la Regina di tutte le Api. Nelle leggende
greche, Ella ci viene descritta come una bellissima principessa cretese,
certe volte come una materna Ninfa del Miele, che aveva nutrito il
piccolo Zeus nel tempo in cui il grande dio patriarcale non era ancora
l’onnipotente padre degli Dei, ma il grazioso figlio della "vergine
Dea".
Melissa fu
definita proprio "Vergine Dea" perchè aveva la facoltà di essere
autogenerativa, proprio come le Api, che possono riprodursi senza l'
unione sessuale con il maschio. Quando Zeus crebbe, per ringraziare la
principessa delle sue dolci cure, decise di liberarla del suo semplice
corpo di donna mortale e la trasformò in Ape. Si racconta anche che le Api chiesero a Zeus (quando divenne un dio) di poter avere un
pungiglione per potersi difendere dagli uomini che rubavano loro il miele.
Zeus non gradì la loro richiesta, ma le accontentò, avvertendole che
qualora avessero usato il pungiglione avrebbero pagato con la vita.
Secondo un’altra leggenda, Melissa era una Sacerdotessa dedicata a
Demetra, depositaria delle segrete conoscenze e dei Sacri Riti Misterici
della Dea, sui quali aveva giurato di mantenere l’assoluto silenzio.
Infastidita da un gruppo di curiose, che la istigavano a rivelare i suoi
saperi, ella negò senza mai cedere, fino a quando le donne, deluse ed
infuriate, la uccisero facendola a pezzi. La Dea vide ciò che era
accaduto e trasformò il corpo straziato della sua amata figlia in uno
sciame lucente di Api, che si levò leggero e volò verso l’infinito per
ricongiungersi a Lei. Le sacerdotesse della Grande Dea Madre Demetra a
Eleusi erano proprio chiamate "Api". I greci antichi ritenevano che le Api fossero nate spontaneamente da cadaveri di animali, e che perciò
simboleggiassero la Resurrezione e la Rinascita. Le veneravano in quanto
sacre messaggere che portavano le preghiere dalla Terra al Cielo, ogni
cosa creata da queste sacre creature, come il miele o la cera, era
considerata un dono degli dei. Secondo le leggende nordiche esse
affioravano sulla terra da un sotterraneo mondo incantato, dove vivevano
insieme alle fate. Si riteneva che possedessero virtù profetiche, per
questo se ne osservava il volo per divinare e determinare il futuro, e
che fosse portatrice del fuoco divino.
In un' immagine
poetica di bruciante desiderio, Kama, il dio hindu dell'Amore, appare
con una corda d'arco fatta di Api. Nell'arte indu, Vishnu viene anche
ritratto come un'Ape posata su un loto e Shiva come un'Ape sopra un
triangolo. Le antiche Dee mediterranee delle Api in Egitto, Mesopotamia,
Grecia e Roma sono connesse con la Dea indiana Hindu: Brahmari Devi, la Dea delle Api, nelle sue connessioni con gli insegnamenti inerenti i
chakra. Questi sette reami della coscienza emanano dal primo suono - il
pulsare del tamburo cosmico - il battito del cuore della Dea. La Maha
Devi (o Grande Madre), la Kundalini, si manifesta in forma di suono come
un'Ape Regina (Brahmari Devi) circondata da nuvole di api ronzanti.
tratto da: http://www.mutatemente.com/api.html
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Debora - Gustave Doré |
Marija Gimbutas iniziò i suoi studi di archeologia, religioni antiche e folklore presso l'Università di Vilna (Lituania), quindi frequentò le Università di Vienna, Innsbruck e Tubingen, dove ha conseguito la laurea nel 1946. Nel '50 fu nominata docente di Archeologia e nel '62 di Etnologia all'Università di Harvard. Ottenne infine la docenza all'Università di Los Angeles, dove è anche curatrice della sezione di Archeologia presso il Cultural History Museum. Ha scritto più di venti opere, ed è inoltre autrice di oltre duecento pubblicazioni che spaziano dalla preistoria e dalla mitologia dell'Est europeo fino alle origini degli Indoeuropei. Tra il 1975 e il 1985 ha realizzato un lavoro di ricerca che Ashley Montague ha definito "pietra miliare nella storia della civiltà", pubblicato nel 1980, 'The Language of the Goddess', quindi nelle edizioni italiane (Longanesi 1990 e Neri Pozza 1997) con il titolo 'Il Linguaggio della Dea'.
L'Autrice - considerata una pioniera dell'Archeomitologia: una nuova scienza che comprende archeologia, mitologia e folklore - ha raccolto ed esaminato bel 2000 manufatti dell'Europa arcaica (che ha poi riportato nel citato libro), intesi a comprovare l'importanza e la diffusione del Culto della Grande Madre, che dal Paleolitico Superiore e fino al I-II millennio avanti Cristo precedette nell'intera Europa (ma anche nel resto del mondo) la religione del Dio Padre.
Lo studio della Gimbutas è minuzioso all'estremo e documentatissimo ("una costruzione imponenente", ha giustamente commentato Sabatino Moscati). Marija suddivide l'opera in quattro parti. Nella prima ci descrive la Grande Dea nella Sua raffigurazione simbolica ornitologica (Dea-Uccello Acquatico) e perciò quale "Dispensatrice di Vita"; nella seconda, sotto l'aspetto fecondativo-materno; nella terza, quale "Signora della Morte e della Rigenerazione" (cfr. Kali); ed infine, nell'ultima parte, attraverso il simbolismo dell'energia e dello sviluppo.
Poiché anche una ridotta recensione dell'opera sarebbe lavoro immane e richiederebbe un'altra pubblicazione, non possiamo far altro che raccomandarne l'attenta consultazione da parte delle più interessate Lettrici, nonché dei più interessati Lettori: specie se maschilisti...
Fratelli e Sorelle per l'Età dell'Acquario, né Patriarcato né Matriarcato - Eugenio Mazzolla
Oltre a indicare Vie per la Salvezza dell'individuo, ''Signora dal
Cuore immenso'' rivela anche il compito essenziale della Gran
Sacerdotessa e cioè quello di rappresentare Inanna al popolo come la
natura paradossale su cui posano le credenze mesopotamiche. Enheduanna
si fece carico dell'adorare, contenere, appagare ed emulare questo
Paradosso chiamato Inanna, portando avanti fedelmente i rituali degli
Dei.
... L'assira Ishtar è un ''Potere Divino che agisce nell'uomo'' e deve
essere compreso ''nei termini della Sua manifestazione umana: Lei è
l'emozione che muove il profeta, il respiro che emana dal 'Cuore' di
lui o lei". Da questo punto di vista Ishtar è paragonabile allo Spirito
Santo cristiano o all'ebraica Shekinah. Non conosciamo le origini di
queste idee teologiche, ma alcuni aspetti di Inanna possono essere
rintracciati nelle Dee Neolitiche. Un flusso di credenze si estende dal
VI millennio a. C. fino al presente; nel contesto di questo continuum,
Enheduanna non è soltanto una poetessa e una pensatrice intelligente,
ma anche una donna mistica ispirata nello scrivere dalla sua esperienza
con la Divina Inanna.
Inanna viene descritta spesso come una Dea dell'Amore, simile a Venere,
in cui si incontrano le immagini della seduttiva Afrodite o di una
Marilyn Monroe. Inanna può ammantarsi di seduzione, ma è la Dea
dell'Amore in un senso più ampio: è quel desiderio roboante che ''genera l'energia dell'universo''. Inanna assomiglia incredibilmente
alla Dea indiana Kali. Secondo la credenza hindu, Kali è il Principio
Primevo Creativo alla base del cosmo; è la forza energica di tutte le
divinità, di ogni essere e di ogni cosa. L'immagine di Kali che si
unisce al Suo Dio, con Lei in posizione superiore, è l'immagine della
Forza Divina che genera l'Universo.
Inanna, Signora dal Cuore immenso - Betty De Shong Meador
Nel culto assiro di Ishtar, la Dea entra nel regno umano e,
esattamente come la Sophia gnostica, è imprigionata nel corpo. Il
compito del devoto è quello di liberare questo 'Spirito Santo' dagli
appetiti e dai limiti del corpo. Il contatto con la Dea può essere
compiuto mediante le emozioni, perché, come sostiene Parpola, Ishtar
''occupa il Cuore, il centro del corpo visto universalmente come la
sede delle emozioni''. Enheduanna descrive una Vita spirituale che
richiede Devozione. In questo poema lei ci offre un ritratto delle
quattro Vie Spirituali che una donna può seguire. Queste direzioni sono
le quattro che Inanna stessa benedice e incarna: Guerriera,
Sacerdotessa, Amante, Androgino.
Enheduanna ha efficacemente creato l'ufficio della Gran Sacerdotessa.
Per i cinquecento anni successivi alla sua morte, la figlia del Re in carica divenne Gran Sacerdotessa ad Ur e seguì l'esempio di Enheduanna. Per Enheduanna, il ruolo di Gran Sacerdotessa significava vivere i precetti impliciti nel carattere della Dea Inanna. Enheduanna si identificò così tanto in Inanna da vedersi, in quanto Gran Sacerdotessa sulla Terra, come uno Specchio dell'immagine di Inanna Gran Sacerdotessa nei Cieli.
Lei dice di Inanna:
"Le tue mani afferrano i Sette Grandi Poteri,
giustamente sei la Gran Sacerdotessa".
Inanna, Signora dal Cuore immenso - Betty De Shong Meador
Presso i Sumeri la Dea Inanna - raffigurante la Madre Terra - ebbe una grande diffusione. Ed è del VI millennio a.C. una Dea della Fecondità e della Maternità adorata dagli Ittiti (ma questi adoravano pure la Gran Madre Ishtar).
Altra Dea della Fecondità fu l'Iranica Anahita, che influenzò poi la religione greco-romana, diventando Afrodite per i Greci e Magna Mater (la Grande Madre) per i Romani.
I Sacchèi adorarono la Dea Madre Anaide, in onore della quale si tenevano delle feste molto licenziose.
Alla mitologia pre-Ellenica dell'Asia Minore appartiene Cibele, Dea della Terra, designata all'inizio con il nome di Gran Madre. Nel Suo culto, al solito, prevalse il carattere orgiastico e le feste in Suo onore celebravano il ritorno della Primavera e il risorgere della Natura.
Le prime raffigurazioni della Dea Cibele sono del II-I millennio a.C.
In seguito il culto di Cibele sarebbe stato ripreso dalle grandiose Feste Adònie dei Fenici (in onore di Adone il giovane Dio "che muore e poi risorge") nonché - non ci stancheremo di ripeterlo - si sarebbe poi riattualizzato nella nostra "Pasqua di Resurrezione".
Ben altra fu la Pasqua nelle civiltà matriarcali!
"Le feste agricole" scrive il Briffault "e soprattutto quelle connesse alla semina e al raccolto delle messi, in ogni luogo del mondo e in ogni epoca, presentano i più larghi esempi di licenza sessuale".
"Le popolazioni agricole algerine protestano vivamente, per ogni restrizione imposta alla licenziosità delle loro donne, poiché credono che cercare di limitare e costringere la morale sessuale sia nocivo al successo dei lavori agricoli".
I Thesmophoria, o Feste della semina, conservano in forma attenuata l'originale carattere magico della fertilità. Le donne portavano emblemi fallici e pronunciavano parole oscene. I Saturnàlia erano le feste romane della semina e ad esse seguì, nell'Europa del Sud, il carnevale, di cui i simboli fallici erano i segni caratteristici fino a poco tempo fa".
La "Prostituzione Sacra", oltre che per Afrodite, Ishtar e Mylitta, era praticata anche in onore di altre Dee: Anaitis, Innini, Athagatia e altre ancora.
Dice lo psicologo Ferene Schuch: "Le civiltà arcaiche usavano i simboli erotico sessuali più audaci per propiziare la raccolta del grano, la nascita dei figli, la prosperità in generale. I tabù giudeo-cristiani hanno poi drasticamente messo all'indice questi simboli bollandoli come peccaminosi e abominevoli, creando così il piacere proibito della "pornografia" (in greco: raffigurazione di cose sporche); o meglio: rendendo sporco quello che prima era semplicemente naturale, come mangiare e bere. E aggiunge lo Stacul: "Fin quando gli uomini furono incapaci di comprensione logica e di dominio tecnico della Natura, il problema dominante della loro esistenza non fu quello di modificare le cose, per trarne maggiori vantaggi, ma di riaffermare - attraverso riti magici e pratiche cultuali - l'unità biologica e la solidarietà organica con tutte le forme viventi.
Di qui si spiega anche il valore cultuale attribuito alle figurazioni femminili orgiastiche, che si ritrovano durante il Neolitico; connesse ai riti di fecondità e rigenerazione. Le Veneri di Tell Brak e di Tell Halaf - che sollevano le mammelle con le mani od ostentano il sesso, scostando le gambe - erano intese a rafforzare, con l'atteggiamento e il gesto, il potere magico dei loro attributi".
Erodoto e Strabone ci parlano della Dea Madre Universale Mylitta degli Assiro-Babilonesi; questa si identifica con l'Ashtart dei Fenici, l'Afrodite dei Greci, l'Alitta degli Arabi e la Derceto dei Filistei.
Tutti i popoli del Medio Oriente arcaico adoravano la Dea Ishtar, seppure con differenti denominazioni. Infatti Essa si identifica con l'Iside Egizia, l'Astarte fenicia, la Venere babilonese, con Athar; la Venere dei Minèi sudarabici, con la "Dea dei Serpenti" dei Cretesi, con la Tanit dei Cartaginesi e con l'Astarotte dell'Antico Testamento. Fu ancora assimilata - parliamo sempre di Ishtar - con l'Inanna sumera, con le greche Afrodite, Cibèle, Hera e con la Venere Ericìna dei Romani.
Fratelli e Sorelle per l'Età dell'Acquario. Né Patriarcato né Matriarcato - Eugenio Mazzolla
...Enheduanna, la più antica poetessa conosciuta.
Settimana dopo settimana, per diversi anni, Meador arrivò con le sue nuove traduzioni, doni scintillanti che ispiravano e inchiodavano. Alcune parti erano bizzarre e a prima vista totalmente misteriose - frasi di una Poetessa il cui nome pareva impronunciabile e la cui posizione ufficiale durante la sua vita, "Gran Sacerdotessa del Dio-Luna della città di Ur", appariva esotica e lontana quanto i racconti di fantascienza. Alcune delle frasi di questa poetessa erano provocatorie, sconcertanti e scomode.
Come testimoni di Meador rimanemmo scioccati di fronte all'incredibile nudo potere delle immagini, che nella nostra esperienza non avevamo mai associato al Femminino.
Volendo collocare la Poetessa Sumera in uno spazio temporale, Enheduanna visse diciassette secoli prima di Saffo, undici secoli prima di Omero e cinque prima di Abramo, datando la nascita di quest'ultimo nel 1700 a. C. Ehneduanna scrisse le sue opere molto presto in quella che è considerata l'evoluzione della scrittura, forse trecento anni dopo che il vocabolario cuneiforme si era sufficientemente sviluppato per esprimere concetti linguistici. Possedere quattromilacinquecento versi di un'autrice così antica - la madre della poesia scritta - è come versare acqua fresca nel pozzo da cui bevono tutti gli scrittori.
L'antica Sumeria ha prodotto la scrittura più arcaica conosciuta e con la pubblicazione di "Inanna, Signora dal Cuore Immenso", abbiamo il privilegio di incontrare la scrittrice più antica a noi nota.
(...)
Con il ritrovamento di Saffo, i classici dalla Grecia produssero un nuovo miracolo: una Donna Scrittrice proveniente dall'antichità. I suoi personaggi erano gli Dèi, i rituali appropriati, le donne e l'amore; il suo era uno stile lirico. Fulcro dell'attenzione di Saffo era la Dea Stellare, Venere in lingua latina, Afrodite in greco, la sua lingua nativa. Saffo era insegnante in una scuola per giovani donne, al pari di Enheduanna, Sacerdotessa e Devota alla Dea identificata con il Pianeta Venere: Astarte in Siria, Ishtar in Accadia e Inanna in Sumeria.
(...)
Nella pratica religiosa sumera, i Sacerdoti-En erano al servizio delle Dee e le Sacerdotesse-En erano al servizio degli Dèi.
Inanna celebrava la sua Vulva, fondava l'orticultura e portava tutti i Princìpi della sua cultura nel suo "Vascello del Cielo". Il mito della sua discesa, raccolto accuratamente da Kramer servendosi dei molti frammenti, balza all'attenzione come percorso di vita con una guida profonda per le scelte compiute dalle donne e le situazioni di vita femminile che richiedono l'arrendersi a un Principio più grande. Improvvisamente, lo scisma Maschio-Femmina del mito greco fu sostituito da una storia "nuova"; in questa il Femminino non è spezzato, non è trascinato qua e là in battaglie, non è in attesa, non è "tutto ciò che è gentile", non viene ucciso dai suoi stessi figli, non viene maledetto né oltraggiato.
Il riapparire, al giro di boa del Nuovo Millennio, di questo lavoro germinante colpisce in modo particolare. La tempistica di Enheduanna è impeccabile.
Judy Grahan, Introduzione a "Inanna, Signora dal Cuore Immenso", di Betty De Shong Meador
La possibilità di Nuova Vita veniva data dalla Madre Celeste, come Gesù ribadisce nel Vangelo di Tommaso (log. 50): "Poiché mia madre mi diede menzogna, ma la mia Vera Madre mi diede la Vita".
In questo passo Gesù distingue chiaramente il personaggio storico della madre, una donna mortale destinata agli errori della sua cultura di appartenenza, e l'Archetipo Celeste della Vera Madre, Colei che sta al di là delle illusioni e delle apparenze della vita spirituale, l'Intuizione, la Premonizione, la Profezia. Gesù fu un Iniziato ai Misteri della Dea che contemplavano la nascita di un "Figlio della Camera Nuziale", come si afferma nel Vangelo di Filippo (67): "L'Anima e lo Spirito sono nati dall'Acqua, dal Fuoco. Dall'Acqua, dal Fuoco e dalla Luce nacque il Figlio della Camera Nuziale. Parlo non di questo fuoco che non ha forma, ma di quell'altro che ha la forma bianca della bella Luce e della Bellezza".
Si tratta evidentemente di un ritorno alla Fonte Arcana della Bellezza.
Rosa Mistica, la Tradizione della Dea nel Nuovo Testamento - Elisa Ghigghini