mercoledì 7 gennaio 2015

una Storia d'Egitto - capitolo IV



La Regina non ebbe un attimo di esitazione. doveva tornare indietro e assicurarsi coi propri occhi che nulla fosse più possibile, prima di procedere con la sua decisione di abbandonare definitivamente la propria terra e il proprio popolo, che amava come una Madre ama il figlio.


Mentre percorreva a ritroso la strada verso casa, coi piedi nudi e delicati privi dei calzari raffinati che sempre li avevano rivestiti in patria, sentiva il sangue scorrere attraverso le lacerazioni della carne e del cuore. 
Mai due padri avrebbero dovuto avere in gestione un popolo, nemmeno se Iniziati ai Misteri della Madre: ma tantopiù i due Guerrieri usurpatori, pronti fin da subito ad atti insani e punitivi. 
Eppure, nella sua infinita saggezza, la Regina sapeva che se ciò era stato possibile, il Fato e gli Dèi stavano semplicemente manifestando la propria magnificenza, già dimostrata nell'atto di dotare l'essere umano del potere della scelta. Il suo popolo era stato rapido ad assimilare quello stolto pensiero, ancor più rapido ad accettare di buon grado l'avvicendamento al potere. 

Il divide et impera non si può imporre a coloro che restano saldi nel principio della Fratellanza.


La Regina sentì che presto quell'irresponsabile potere guerriero sarebbe dilagato nel mondo. E mai, neanche nella corsa che le lacerò la carne che intraprese per tornare indietro, pensò di potersi opporre a questo.

debdeashakti (continua) 




una Storia d'Egitto - capitolo III



La Regina si allontanò dal suo popolo durante un pomeriggio in cui anche il Sole si era ritirato all'orizzonte prima del solito, quasi a presagio della Luce che andava calando in quello che era stato il suo fertile Regno.


Prese dimora sotto umili vesti in una locanda di un villaggio poco distante, pronta a intraprendere un nuovo viaggio lontana dalla sua terra. 
Le avevano detto che in un'Isola lontana verso Oriente un Antico Retaggio Femminile della Dea Iside sopravviveva immutato nei secoli, condividendo saggiamente il potere con rappresentanti maschili del Divino Osiride. Un popolo di Anime elevate, vestite di Bianco e di Nero in onore ai colori simbolo delle Energie primarie dell'Universo.
La Regina era decisa a intraprendere un lungo viaggio solitario, lasciandosi guidare solo da segni e presagi, sogni e intuizioni, per giungere infine in quel Luogo Mistico la cui immagine tanto bene risuonava nel suo Cuore e nella sua Anima.

Era appena giunta alla locanda quando un messaggero del Regno, ignaro della Sua Presenza, entrò con foga a portare a tutti un nefasto annuncio: un uomo, per la prima volta da che se ne aveva memoria in quella terra d'Egitto, era stato condannato e messo a morte. 
Il cuore della Regina perse un colpo e per un istante si tramutò in granito, iniziando a pesare nel petto. Dunque a quel punto i due fratelli erano già stati capaci di giungere! I presagi che l'avevano accompagnata prima di prendere la sua decisione definitiva di lasciare il Regno presero infine corpo e sostanza. Il principio della Guerra si era definitivamente insediato in quella terra e tra la sua gente, spazzando via nel volgere di un Ciclo della Luna intere epoche di Saggezza e Fratellanza. 
La Regina non sapeva che cosa avesse commesso l'uomo per essere incorso in un tale castigo, ma mai un simile atto sarebbe stato anche solo concepibile durante la sua reggenza. Il Glifo della Guerra, simbolo del Potere Maschile per eccellenza, era sempre stato custodito prudentemente nel Sancta Sanctorum del Tempio e mai era stato accessibile ad un maschio che non avesse ricevuto la trasmissione da una Regina. Era un Potere troppo grande e ingovernabile senza la necessaria Saggezza, che avrebbe trasformato il suo Regno in un deserto di sale. E Lei non aveva ancora avuto il tempo di trasmetterlo al guerriero che aveva scelto per governare al proprio fianco. 

I due fratelli avevano dunque trovato il modo di profanare il Tempio.

debdeashakti (continua) 



martedì 6 gennaio 2015

una Storia d'Egitto - capitolo II


Grande sconforto colse gli abitanti del Regno alla notizia che la Regina avesse deciso di prendere la via dell'esilio. 

Eppure nessuno di loro comprendeva il suo gesto. 
nessuno le aveva imposto di andare: perché affrontare la solitudine laddove avrebbe potuto invece continuare a godere dei propri agi? 

La Regina ebbe un brivido al pensiero che il suo Regno fosse già stato contaminato dal nuovo pensiero maschile al punto da non comprendere più che le basi del suo Potere Sacerdotale erano l'amore e la comprensione, l'annessione pacifica di altri popoli entro i confini, la condivisione equa delle risorse. le Cerimonie Sacre e Oscene in onore della Dea Iside che Lei stessa, Sua rappresentante in Terra, officiava per portare a tutti la MagniFicenza della grande Madre. 
E che se il Potere può essere gestito nella sua doppia veste Regale e Sacerdotale al Femminile, mai questo può avvenire per il Maschile senza alterare l'equilibrio delle cose. 

Ormai deposta dal suo altare, a nulla serviva la Sua presenza. nulla poterono le suppliche di chi l'amava sinceramente, come nulla poterono, molto tempo dopo, per Socrate, quelle degli amici sinceri che avrebbero preferito saperlo vivo e in esilio, piuttosto che dignitoso fino al gesto estremo. 

Socrate ebbe a dire che l'Anima è immortale, durante quell'ultima notte della sua esistenza terrena, e che tutto va e tutto torna, come le maree e i cicli della Terra e della Luna. 

Allo stesso modo la Regina abbracciò i propri sudditi uno ad uno, prima di andare, ma li lasciò a vivere l'esperienza di un seme senza terra, consapevole che ci sono solo due possibilità che una Sacerdotessa possa essere privata del Potere che le spetta di diritto: il primo è se Lei stessa lo corrompe ed usa per fini diversi dalla cura di chi Le è affidato. 

E l'altro, e qui era il caso, se il Suo popolo sceglie, consapevolmente o meno, di percorrere l'altra Via.

debdeashakti (continua) 



una Storia d'Egitto - capitolo I



C'era una volta, al Tempo dei Faraoni d'Egitto, una Regina.

Era una Donna molto saggia e sensuale, piena d'amore per il proprio popolo. 
Riuniva in sé entrambi i poteri, il Regale e il Sacerdotale, perché così voleva la Tradizione della sua terra. tutti nel Regno l'amavano e si rivolgevano a Lei per un consiglio, per un aiuto, e Lei era solita dare a ciascuno secondo il proprio bisogno, come una buona Madre.


Ma i tempi stavano rapidamente cambiando. 
La Regina, con la propria intuizione, riusciva a comprendere bene che un avvicendamento alla guida del Regno si approssimava. I sudditi, pur amandola molto, sentivano il bisogno di un Re al suo fianco, così, consapevole nella propria saggezza che un essere umano non può opporsi alle Leggi del cambiamento che regolano gli Universi, decise di scegliere un compagno al quale affidare il Potere Regale, mantenendo per sé quello Sacerdotale, come è nell'Ordine delle cose che sia. lui si sarebbe occupato dei rapporti con gli altri regni, avrebbe fortificato le mura e provveduto ad espandere pacificamente i confini. Lei si sarebbe occupata di nutrire i corpi e le anime dei propri sudditi come sempre aveva fatto. 
Scelse un maschio della casta dei Guerrieri che spiccava per arroganza ed ardore giovanile, che aveva un bel piglio virile, aveva il comando nel sangue. Sarebbe stata un'impresa ardua trasferirgli la saggezza e l'amore necessari per diventare il Padre del Regno, così come Lei era sempre stata la Madre. ma sentiva che sarebbe stato possibile. Mai sfida sarebbe stata più adatta ad essere intrapresa.


Il giovane Guerriero era un ribelle nato e a volte le faceva desiderare di desistere dall'impresa, ma sarebbe stato un buon condottiero, un giorno. 
Il ragazzo aveva un fratello. di sangue e di spirito, suo amico inseparabile, alimentato dallo stesso potere virile, ma più ambizioso, subdolo, mellifluo. Un'intelligenza notevole animata però da propositi inquietanti. 
La Regina capì ben presto che tutta la propria Saggezza non sarebbe prevalsa sul rapporto fraterno che legava i due uomini. 
Aveva appena incoronato il nuovo Re che i due tramarono per estrometterla dal potere, imponendo una linea tutta maschile al governo, fatta di conquiste, compromessi politici e assegnazione di nomine lusinghiere a sottoposti di loro fiducia. Lei sarebbe potuta rimanere, ma privata a tutti gli effetti del proprio Potere Sacerdotale. 

Così, seppure a malincuore, e anzi con profondo dolore per il proprio popolo, la Regina accettò di buon grado l'avvicendamento al potere, sapendo tuttavia che un potere maschile è sterile se lasciato a se stesso, come un seme senza un terreno in cui germogliare. 
Abbandonò il Regno con una lacrima che le brillava tra le ciglia e non si voltò indietro.

debdeashakti (continua)


lunedì 5 gennaio 2015

la Damnatio Memoriae di una Figlia del Mattino

La Regina Hatshepsut (1526-1483 a.C.) fu una presenza scintillante sul trono dell'antico Egitto: una Donna vestita da Faraone, il che implicava abiti maschili e finta barba.
Il comportamento non convenzionale, comunque, divenne routine per l'ambiziosa regnante che frantumò una tradizione durata 1600 anni, dichiarando se stessa primo Re Donna della storia della sua nazione

Alla morte di suo marito e fratellastro (era comune a quei tempi per i membri delle famiglie regnanti egiziane sposarsi tra sé per preservare una dinastia), Thutmose II nel 1504 a.C., Hatshepsut fu nominata reggente, o regnante facente funzioni, fino al momento in cui il suo giovane nipote Thutmose III sarebbe cresciuto abbastanza per prendere il trono. Ma sei anni più tardi Lei depose effettivamente suo nipote dichiarando di essere stata incoronata Faraone dal suo antico e grandemente riverito padre, Thutmose I. E dichiarò anche che il suo "secondo Padre" non era niente meno che il dio Amun, una storia abbastanza assurda ai giorni nostri, ma assolutamente attendibile in una società fondata su un particolare politeismo come l'Egitto. 

Hatshepsut consolidò la sua posizione sul trono stabilendo alleanze con le figure più potenti della corte, incluso il famoso architetto Senemut, che in affermazione della "divina concezione" di Hatshepsut, disegnò un enorme e stravagante tempio mortuario per il nuovo Faraone, che lei indicò come "un giardino dedicato a Mio Padre Amun". Le sue terrazze colonnate inserite in un anfiteatro di pietra naturale rappresentarono uno stile unico per l'architettura Egiziana.

Ormai con pieni poteri faraonici, Hatshepsut creò il precedente più sorprendente, abbandonando la sua tomba ancora non ultimata nella Valle delle Regine per costruirsene una nella Valle dei Re. Ma Hatshepsut, in ultimo, dovette pagare un prezzo di gran lunga maggiore che il saccheggio di una tomba per la sua sovranità proibita. Alla sua morte, nel 1483 a.C., Thutmose III, il nipote a cui aveva strappato il trono, espresse il suo oltraggio distruggendo i suoi magnifici monumenti e spaccando le sue statue e obelischi. L´ultima umiliazione, comunque, fu il tentativo di eliminare Hatshepsut dalla storia, cancellano il suo nome dall´antica lista incisa nella pietra dei nomi dei Faraoni Egizi

fonte: Zooba, Storia Antica e Medievale




la Torre

Sia in lingua egiziana che in lingua ebraica la parola 'Torre' viene scritta con le sole consonanti 'mgdl' e letta 'migdal' o 'magdal', da cui il nome Maddalena. in effetti, nei Vangeli canonici la Maddalena viene presentata come nativa di Magdala, una località della Galilea sul lago di Tiberiade, che sappiamo fornita di un castello con Torre.
Questa connessione tra la Torre e Maria Maddalena è da intendersi su un piano puramente letterale, in quanto indicativa di una provenienza geografica della Maddalena da un paese fornito di torre, o è da intendersi in un senso più profondo?

La Torre, come la Scala, è stata per lungo tempo simbolo del Centro, in cui avvenivano contatti tra l'Alto e il Basso, spesso associata alla linea dinastica del Messia, nell'iconografia cristiana essa è collegata più spesso alla Madonna, che nelle litanie laurentane viene chiamata 'Torre Eburnea'. (...)
La Torre coronava anche le statue di Artemide-Rhene, la Dea Nera dei Traci; ancora, Cibele era circondata da Torri, per cui venne chiamata dai Romani 'Mater Turrita'. si diceva, infatti, che la Torre si prolungasse anche nel sottosuolo a unire i Tre Mondi: Cielo, Terra e Mondo Sotterraneo dei morti.
Ogni gradino della Scala, così come ogni piano della Torre, segnavano una tappa dell'Ascensione Mistica.

Rosa Mistica, la Tradizione della Dea nel Nuovo Testamento - Elisa Ghigghini